Il Sassicaia 2015 è il miglior vino del mondo secondo Wine Spectator , la vera e propria “Bibbia” del mondo del vino. Quello che è considerato cioè una sorta di Nobel enoico è stato assegnato poche ore fa secondo la consueta usanza di svelare per diversi giorni consecutivi ognuna delle posizioni che compongono la Top Ten. Per il vino made in Italy la vera e propria ciliegina sulla torta visto che nel countdown dei giorni scorsi erano già spuntati all’ottavo posto il siciliano Etna Rosso (San Lorenzo) della Tenuta delle Terre Nere 2016 e poi in terza posizione il Chianti Classico riserva 2015 Castello di Volpaia.
Cominciano ad arrivare così importanti certificazioni per l’annata 2015 che da molti osservatori in Italia era stata definita già nei mesi immediatamente seguenti la raccolta tra le migliori degli ultimi anni di certo degli anni 2000. I produttori e in molte zone del Paese, sentirono immediatamente di aver portato in cantina uve di altissima qualità tanto che a fine 2015 un produttore di Amarone, Dario Tommasi lanciò una proposta provocatoria: l’intera produzione 2015 sarebbe dovuta essere destinata a riserva in modo da suggellare un’annata eccezionale.
Forse quella provocazione non era tanto campata in aria visto che la qualità del millesimo 2015 oggi, a distanza di qualche anno (anni che spesso nel caso dei vini premium sono richiesti dall’invecchiamento previsto dai disciplinari di produzione prima di essere messi in commercio) viene certificata anche dalla “Bibbia” del vino mondiale e cioè Wine Spectator. Ben due dei tre vini italiani inseriti nella top ten sono proprio del 2015.
Per il Sassicaia la vetta della classifica di Wine Spectator rappresenta una prima volta, solo nel 1991, con l’annata 1988, era infatti riuscito ad entrare in top 10 (fermandosi però alla posizione numero 5).
Mentre per il vino made in Italy non si tratta di una novità assoluta. L’ultimo a scalare il gradino più alto del podio (nel 2006) è stato il Brunello di Montalcino 2001 Tenuta Nuova di Casanova di Neri e andando a ritroso anche l’Ornellaia 1998 nel 2001 e il Solaia 1997 nel 2000. In tutto quattro vini, tutti toscani.
Per il Sassicaia ancora un grande riconoscimento quindi. Un vino nato in maniera quasi casuale negli anni ’40 nella Tenuta San Guido di Mario Incisa della Rocchetta a Bolgheri (in provincia di Livorno). Un’area che, pur essendo in una delle principali regioni vitivinicole italiane, la Toscana, fino ad allora non era conosciuta come area vocata alla viticoltura. La stessa azienda di Incisa della Rocchetta non era un’azienda vitivinicola ma nasceva come allevamento di cavalli e neanche di poco conto visto che in quella tenuta passò anche il celebre Ribot.
Il vino a Tenuta San Guido quindi arrivò più tardi e sulla scorta di un’intuizione di Mario Incisa della Rocchetta: quella di piantare e coltivare in quelle terre nel nord ovest della Toscana vitigni internazionali, bordolesi, come Cabernet Franc e Cabernet Sauvignon. “A lungo il Sassicaia è stato un vino prodotto solo per la famiglia – ha ricordato due anni fa a Vinitaly, Priscilla Incisa della Rocchetta nell’ambito di una degustazione dedicata alle ‘annate dimenticate’ – era insomma il vino di casa e non veniva commercializzato”. Quella stessa degustazione a Vinitaly 2017 fu realizzata proprio per celebrare i 50 anni dal debutto sul mercato che avvenne solo nel 1967.
Altra curiosità è che all’epoca del suo sbarco sul mercato, il Sassicaia non era neanche un vino Doc. La denominazione d’origine di Bolgheri viene infatti riconosciuta solo molti anni più tardi nel 1984. Tanto che tra gli addetti ai lavori si parla della Doc Bolgheri come la prima denominazione d’origine nata attorno a un’azienda, Tenuta San Guido appunto, che come tanti innovatori e non solo nel mondo del vino è riuscita poi a trainare con sé molti altri.