L’anno orribile dell’olio d’oliva

Annus horribilis per l’olio d’oliva. I diffusi attacchi della mosca olearia favoriti da un clima estivo mite e dalle abbondanti precipitazioni, sta disegnando per l’olio d’oliva forse l’annata peggiore da quella della tremenda gelata del 1956. I numeri parlano chiaro. Secondo il Consiglio oleicolo internazionale (Coi) la produzione mondiale 2014–15 supererà di poco i 2,5 milioni di tonnellate (con un calo del 19% rispetto allo scorso anno). Cifre che tratteggiano anche un altro scenario del tutto inedito: per la prima volta da anni il volume dei consumi mondiali (che si aggira in media attorno ai 2,9 milioni di tonnellate) sarà più elevato dei quantitativi prodotti.

Numeri che hanno immediatamente innescato una spirale di rialzi nei prezzi. A Jaen, la principale piazza spagnola, un chilo di extravergine questa settimana ha sfondato la soglia dei 3 euro (ha “galleggiato” attorno a quota 1,9 euro al chilo per tutta la scorsa estate). Le quotazioni dell’extravergine greco e di quello tunisino sono attorno ai 4 euro al chilo. Ma il vero boom si è registrato in Italia, a Bari, dove l’extravergine con bassa acidità ha superato all’ingrosso l’incredibile soglia dei 7 euro. Circostanza che ha portato anche a eclatanti episodi di cronaca, come i ripetuti casi di furto di olive nei campi registrati di recente in Puglia (si veda Il Sole 24 Ore del 22 novembre).

A trascinare verso il basso l’offerta globale i dati dei due principali produttori, Spagna e Italia, che sono anche i paesi più colpiti dal flagello della mosca olearia. Madrid, con le 875mila tonnellate previste, registrerà una flessione di oltre il 50% rispetto agli 1,7 milioni di tonnellate dello scorso anno. In Italia invece qualche settimana fa sono stati stimati raccolti per 302mila tonnellate (il 35% in meno rispetto allo scorso anno). Fra gli altri paesi in Europa crescerà la produzione della Grecia (300mila tonnellate, +122% rispetto allo scorso anno), stabili Portogallo e Turchia mentre un grande exploit è atteso in Tunisia (dove si prevedono 260mila tonnellate contro le appena 70mila dello scorso anno). «Ma col passare dei giorni – spiega il presidente dell’Unaprol (il maggiore consorzio italiano di olivicoltori), David Granieri – la sensazione è che i numeri per l’Italia possano rivelarsi anche peggiori. Stanno giungendo, infatti, i consuntivi dei raccolti a livello regionale e – con l’eccezione della Sardegna dove la produzione risulta in crescita – stanno emergendo risultati peggiori delle previsioni in Toscana (-80%), nel Lazio (-70%) e in Puglia (-50%) mentre fino a pochi giorni fa si stimavano flessioni non superiori al 45 per cento. Gli attacchi della mosca olearia, inoltre, hanno minato le quantità ma anche penalizzato la qualità, tanto che si immagina che i quantitativi di extravergine made in Italy non andranno oltre le 80mila tonnellate contro una media di 150mila»

Insomma uno scenario davvero catastrofico e – come da tradizione – è già partita la ricerca delle responsabilità. «È ovvio che a pesare sono state le condizioni meteo e gli attacchi della mosca – aggiunge il presidente dell’Assitol (l’associazione delle industrie olearie), Giovanni Zucchi – ma va anche detto che laddove si è intervenuto in maniera tempestiva con i trattamenti fitosanitari il raccolto o è stato salvato oppure i danni sono stati limitati. E questo dovrebbe spingere a riflettere sui ritardi con cui è stato lanciato l’allarme che forse tradiscono una sottovalutazione del problema. È invece imprescindibile mettere in campo una diversa capacità di reazione».

Dalla ricerca delle responsabilità a quella dei rimedi il passo è breve. «Come Assitol – aggiunge Zucchi – stiamo lavorando a un documento unitario, che presenteremo presto, e nel quale abbiamo recepito le indicazioni giunte anche da altri anelli della filiera. Pensiamo possa rappresentare un valido punto di partenza per far compiere al settore il salto di qualità di cui ha bisogno». «Spesso in agricoltura per far migliorare le cose occorre davvero ripartire da zero – aggiunge Granieri –. In questa ottica penso che questa stagione possa rappresentare per l’olio ciò che il 1986 e la crisi del metanolo hanno rappresentato per il vino.

Aprire una riflessione approfondita per rilanciare un settore che non solo conta produzioni di eccellenza ma che col proprio reticolo di quasi un milione di imprese produttrici riveste anche un importante ruolo ambientale di prevenzione del territorio dal dissesto idrogeologico».

fonte: ilsole24ore